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La J nelle mail

Chi non usa Outlook l'avrà sicuramente vista. La J nelle mail. Magari vicino ai saluti, o nel bel mezzo di un testo. Una J che compare senza un motivo apparente, buttata lì, come un papavero in mezzo a un campo di grano.

Ciao J

Ti voglio bene J

A domani! J

Diciamoci la verità, queste J sono abbastanza inquietanti. Ma ancora più inquietanti sono le spiegazioni parasociologiche date a questo carattere misterioso. C'è chi dice che rappresenti un amo, che si metta per "catturare l'attenzione" anziché i pesci. C'è chi invece giura si tratti di un carattere inserito per dire "mi raccomando", come indicato in una risposta su Yahoo Answers. O chi, ancora, lo attribuisce a un bug nei client di posta.

La J effettivamente ha un significato, ma la sua origine è molto meno romantica e affascinante di quanto si sia spiegato nei vari forum dove si parla della sua presenza.

La J si genera in quei client di posta che, anziché fare uso di smile sottoforma di gif, prediligono il carattere Wingdings. Se avete Windows aprite la vostra tabella dei caratteri o provate a impostare questo carattere in Word: vi accorgerete che una J maiuscola corrisponde a una faccina che ride. Molti client di posta semplicemente non processano questo carattere e mostrano la J. Tutto spiegato, niente romanticismo, niente parapsicologia, niente alieni o bug misteriosi. Semplicemente l'uso di un carattere in disuso. J!

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Bannerino!

Qualcuno avrà notato il nuovo, bellissimo banner che apre la pagina del blog. E vi chiederete: che cacchio c'entra?

La verità è che sul sito inglese di Gamereactor tengo un piccolo blog scritto nell'idioma britannico (sgrammaticato) in cui celebro il centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia parlando delle cose che più ci rappresentano all'estero, e spiegando agli stranieri che mangiare la pasta con un cucchiaio fa abbastanza schifo.

Data la mia scarsissima ispirazione in fatto di creazioni con photoshop, ho deciso di creare quel banner con protagonisti Mario e Luigi che si sfondano di spaghetti, e con il titolo del blog a destra. Sfortunatamente il sistema mi consente di caricare una sola immagine per tutti i blog. Ecco il perché di questo banner anche sul mio blog italiano. In ogni caso se vogliamo parlare di pasta anche qui, non ci sono problemi.

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Preparazione mentale alla Gamescom

Tra esattamente una settimana mi troverò all'aeroporto di Milano Malpensa, in attesa di un aereo diretto a Colonia dove parteciperò per il terzo anno consecutivo alla Gamescom.

Al di là dell'aspetto conviviale e mondano del viaggio (quest'anno ci saranno rappresentanti di ogni redazione di Gamereactor, per un totale di 14 persone, atmosfera da gita scolastica, feste e cene ad elevato tasso alcolico), l'evento è una delle esperienze più faticose dell'anno.

Quest'anno ho cercato di mantenere un profilo abbastanza basso dal lato degli appuntamenti, complici anche alcuni publisher che non hanno lavorato benissimo con l'organizzazione della loro Gamescom. I nomi grossi ci sono tutti (a parte Nintendo, che tradizionalmente non partecipa attivamente alla fiera tedesca), e fortunatamente quest'anno mi potrò dividere parte del lavoro con David Caballero, il caporedattore di Gamereactor Spagna.

Comunque, anche quest'anno il calendario degli appuntamenti è fittissimo, tant'è che il primo giorno avrò soltanto 40 minuti di pausa, mentre il secondo giorno si prevede una visita ai booth aperti al pubblico, dove 200.000 persone si accalcheranno per provare un gioco per cinque minuti, mandandoti mentalmente a quel paese in tedesco se gli passi davanti con il pass VIP.

Come ogni anno si perderà un sacco di tempo spostandosi da un padiglione all'altro, arrivando periodicamente in ritardo sotto gli sguardi incazzati dei PR (in particolare di quelli orientali, i PR italiani sono molto più easy). D'altro canto se una presentazione finisce alle 10 e 30 e alle 10 e 31 ne comincia un'altra dall'altra parte della fiera, nessuno potrà mai arrivare in orario.

Infine, questo sarà il quarto anno di seguito per me alla fiera europea più importante dedicata ai videogiochi (ho iniziato quando ancora non si chiamava Gamescom ed era a Lipsia), e ogni anno ho notato un pericoloso calo nel numero dei gadget. Cari publisher, se volete comprare i nostri articoli, sarà meglio per voi investire in magliette, statuette e altre cretinate che fanno incazzare la mia fidanzata.

Preparazione mentale alla Gamescom

Signori, vado al mare!

Sarò breve, come si usa in queste occasioni. Dopo tre anni senza un briciolo di vacanza, me ne vado al mare. Per una settimana potrete intercettarmi solo in qualche lussuoso hotel del Dodecaneso (ma non fatelo). Perché, dato che sono davvero tre anni che non vedo quella grossa distesa d'acqua salata chiamata mare, quest'anno ho fatto le cose come si deve.

Non temete, cari amici. Lascio Gamereactor in buone mani. In questi giorni seguirà gli aggiornamenti Andrea Gargano (ex Tom's Hardware) sotto la guida del mio carissimo amico manchego, nonché caporedattore di Gamereactor España, David Caballero.

Ci rivediamo fra una settimana. Speriamo più riposati. Speriamo un po' più scuri in volto. Tipo così:

Signori, vado al mare!

San Precario

Dieci giorni fa sul Corriere della Sera (edizione di Milano) è uscito un articolo che parlava di me. Si trattava di un approfondimento sulla precarietà del lavoro, un articolo molto interessante scritto da Elisabetta Andreis. Il pezzo è un'importante testimonianza della situazione lavorativa dei giovani italiani, spesso alla mercé di aziende che propongono stage improponibili, o che semplicemente se ne fregano dell'essere umano che si nasconde dietro le figure di stagista, tirocinante, apprendista.

Tuttavia, riguardo alla parte che mi ritrae, ci sono alcune incongruenze che mi sento di dover chiarire, a seguito anche dalle domande ricevute da alcuni amici e conoscenti ai quali, per mia sfortuna, è capitata in mano una copia del giornale. Prima di tutto, contrariamente a quanto indica il box con la mia fotografia, non sono un PR. Non lo sono mai stato. Il mio lavoro mi porta ad essere in contatto quotidiano con decine di PR, talvolta anche con stagisti precari, ma il mio lavoro è, ed è sempre stato, un lavoro redazionale. In altre parole, faccio il giornalista.

Forse era scomodo per RCS che un giornalista parlasse della precarietà assoluta che contraddistingue il mondo del giornalismo. Al telefono con Elisabetta Andreis ho parlato di questo e di altro, anche dell'Ordine dei Giornalisti, un albo di stampo lobbistico che definisce chi è giornalista sulla base di un tirocinio e di un esame di stato, che fino a pochi anni fa comprendeva la redazione di un testo attraverso una macchina da scrivere meccanica. Secondo l'Ordine dei Giornalisti io non sono un giornalista, tant'è che per poter lavorare ho dovuto aprire partita IVA e inventarmi una professione. Pago le mie tasse, lavoro onestamente, scrivo una media di 12-13 notizie e articoli al giorno. Ma non posso usufruire dello sconto sui treni, al cinema e di tanti altri piccoli benefici materiali e immateriali.

Dunque, ecco la mia vera storia. Sono precario da quando ho iniziato a lavorare. Se escludiamo i lavori estivi svolti in un piccolo negozio di videogiochi, rigorosamente in nero e per non più di cinque settimane all'anno, il mio primo lavoro è stato quello di analista presso la redazione di TV Talk, una trasmissione televisiva in onda su Rai Tre il sabato. Ci sono rimasto per quattro stagioni: la prima a titolo gratuito e le successive tre per 80 euro lordi a puntata, con contratto rinnovato di settimana in settimana.
Contemporaneamente ho lavorato per un mensile di cinema chiamato Duellanti, con cui continuo a collaborare. In cinque anni ho percepito 300 euro in totale, e la mia collaborazione continua perché provo una profonda stima per tutti i redattori di quella rivista, per chi la dirige e l'ha diretta, spesso senza percepire un solo centesimo. Naturalmente si tratta di una collaborazione a tempo perso, principalmente nei week end, che mi porta a scrivere non più di uno o due articoli al mese.

Ho lavorato per una redazione giornalistica per quasi un anno, ed è quella la professione di cui parla l'articolo del Corriere. Ho percepito 400 euro lordi (circa 200 euro al mese) per sei mesi, dopodiché ho lavorato gratuitamente fino a che non mi sono stati offerti 750 euro lordi per iniziare il cosiddetto tirocinio formativo, che sarebbe durato un anno e mezzo. Ho rinunciato.

Ho lavorato in università, per 500 euro lordi al mese, per sei mesi. Un'esperienza straordinariamente formativa, in cui lo stipendio era davvero l'ultimo dei problemi. Continuo a collaborare con l'università nel tempo in cui sono lontano da Gamereactor, ma senza contratto.

In parallelo a tutto questo, c'è la mia attività di libero professionista. Questa attività racchiude la mia collaborazione con Gamereactor, che da circa un anno mi fa vivere tranquillo, lasciandomi svolgere un lavoro straordinariamente appagante e ben retribuito. L'articolo mi mette in bocca una frase in cui definisco "lontana" la possibilità di farmi una famiglia. Non l'ho mai detto, ma è tristemente vero e ho lasciato che restasse nell'articolo (l'autrice mi ha mostrato la bozza prima di mandarla in stampa). Ho altresì chiesto che aggiungesse che le cose vanno molto meglio oggi, cosa che non è stata fatta.

Una casa mia al momento me la sogno, ma per la prima volta in tre anni posso finalmente andare in vacanza. E non mi manca nulla. L'unico rimpianto è l'impossibilità, al momento, di godere dei benefici di un posto fisso. Il problema della precarietà è dato dall'impossibilità di pensare al futuro. Si vive il giorno, e si cerca di viverlo nel miglior modo possibile.

In tutta sincerità non posso che augurare a tutti di svolgere le stesse esperienze che ho svolto io in questi ultimi anni, a partire da quando mi sono trasferito a Milano per studiare. Sono stati anni bellissimi, molto intensi, educativi. Il mio attuale lavoro è un obiettivo raggiunto: ho trasformato la mia passione in una professione. Il consiglio che posso dare a tutti è il seguente: finché potete permettervelo, fate esperienza, studiate, apritevi mille e più possibilità e cercate al contempo di divertirvi. Ma, al contempo, lottate per fare ritornare la parola "futuro" nel dizionario.

San Precario