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Breivik, videogiochi e omicidi di massa

L'assassino di Oslo giocava a World of Warcraft. Una palestra per la violenza, secondo alcuni giornalisti. Ecco la verità su quanto avvenuto al processo contro Andres Behring Breivik.

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Un episodio di violenza grave è un avvenimento che lascia il mondo in uno stato di shock. Quando ciò avviene, il cervello degli esseri umani, animali razionali, reagisce cercando di trovare una spiegazione. Se non la si trova, si attiva una sorta di meccanismo di difesa che cerca di sopperire alla mancanza di raziocinio con una fitta dose di emozioni, solitamente viscerali.

Nel momento in cui l'agenda dei media si occupa di un episodio di violenza grave, non è raro sentire commenti razzisti, invocazioni al ripristino della pena di morte, istigazioni alla violenza. Spesso sono solo frasi frustranti di persone frustrate, destinate ad aggiungere ulteriore benzina sul fuoco. Ma, per nostra fortuna, i commenti "di pancia" non si traducono quasi mai in fatti.

Quando non si trova una spiegazione, è facile dare la colpa a chi è più attaccabile. Se un bambino ammazza un amichetto imitando un'azione vista in un film, è più facile che l'opinione pubblica se la prenda con il film anziché con i genitori del bambino che glie l'hanno lasciato vedere e/o non l'hanno controllato o educato a dovere.

Sapete tutti dove voglio andare a parare: i videogiochi sono spesso il capro espiatorio dei problemi di questo mondo. Nonostante varie associazioni nazionali ed europee si sforzino per educare il pubblico alla fruizione videoludica, ad ogni evento drammatico c'è sempre qualcuno che dà la colpa ai videogames. È avvenuto per il massacro della Columbine, per un numero imprecisato di altre stragi nei licei americani, persino per il rapimento e l'uccisione di Yara Gambirasio e per l'Undici Settembre (Microsoft fu messa sotto accusa per il suo Flight Simulator a seguito di una leggenda metropolitana).

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Solitamente, chi incolpa i videogiochi dei mali di questo mondo appartiene ad almeno una delle solite tre categorie: bacchettoni, bigotti e ignoranti. Nulla di preoccupante, dunque, poiché queste tre categorie godono spesso della stessa credibilità di quei tizi che girano per strada con un cartello al collo per annunciare l'Armageddon.

Da quanto mi ricordi, però, non è mai avvenuto il contrario. O meglio, non è mai accaduto che l'autore dei fatti - fino a prova contraria l'unico vero responsabile dell'atto violento - accusasse egli stesso i videogiochi. Ebbene, oggi 19 aprile 2012, mi segnalano un articolo in cui sembra proprio succedere quello che ritenevo impossibile: un accusato che accusa i videogiochi.

Stiamo parlando del caso di Andres Behring Breivik, autore reo confesso degli attentati in Norvegia dello scorso luglio. Nello specifico, si è autodenunciato dichiarando di avere giocato "16 o 17 ore al giorno a World of Warcraft". E, secondo i media italiani (vedi ANSA), la strage è stata preparata proprio grazie a Warcraft.

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Ora, chi ha almeno una minima conoscenza del mondo dei videogiochi, sa bene che World of Warcraft è un MMORPG (leggasi "gioco di ruolo online massivo") e non un simulatore di guerra. E, con un po' di buonsenso, possiamo tranquillamente affermare che non si tratta di un videogioco violento.

Inoltre Breivik ha semplicemente ammesso di avere giocato a questo videogame. Parliamo di una persona che ha confessato 77 omicidi, che ha dichiarato di avere agito per legittima difesa e per salvare la Norvegia dalla minaccia musulmana.

Cosa c'entra World of Warcraft con la strage? Nulla, probabilmente. È giusto, però, che i pubblici ministeri si interroghino sul perché una persona accusata di strage abbia passato per mesi due terzi della propria giornata di fronte allo stesso videogioco. In un processo che cerca di andare a fondo nella personalità di quest'uomo, la domanda non è solo lecita. È dovuta.

Breivik, videogiochi e omicidi di massa

Il problema, semmai, si riscontra ancora una volta nella leggerezza con cui i media (italiani e non) trattano l'argomento. Con titoli come "Strage preparata con i videogiochi" (vedi ANSA) si lascia poco spazio all'immaginazione e la strage sembra essere stata preparata grazie ai videogiochi.

Non è così. È bastato fare un giro sui siti norvegesi e chiedere a un amico di Oslo per capire che le cose sono diverse. Anzitutto: Breivik ha ammesso di avere utilizzato World of Wacraft per "diventare un leader migliore" e Call of Duty: Modern Warfare 2 per "migliorare la mira". Il che dovrebbe già darci un'indicazione della follia di quest'uomo (probabilmente MW2 aiuta a migliorare la propria mira nella stessa misura in cui Super Mario aiuta a raccogliere i funghi).

In verità, secondo quanto sta emergendo dal processo in corso, World of Warcraft è servito più da copertura per Breivik che, dichiarando a parenti e amici di chiudersi in casa per giocare al suo videogioco preferito, ha avuto in realtà tempo per pianificare la strage indisturbato.

Breivik, videogiochi e omicidi di massa

Dichiarare che un videogioco viene utilizzato "per preparare la strage" è molto diverso da dichiarare che lo si è utilizzato "per coprirne la preparazione". Se Breivik avesse utilizzato una qualunque altra forma di intrattenimento come copertura per le sue azioni, dalla costruzione di casette di marzapane fino al ping pong, nessuno si sognerebbe di incolpare queste attività.

Per i videogiochi, purtroppo, non è così. Ma chi, come me e come tanti altri giornalisti in Italia, da anni si batte per l'educazione al videogioco, si augura che prima o poi tutto questo non avvenga più.



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