Dissidia Duodecim: Final Fantasy

Mi sento un innocente di fronte a un poliziotto cattivo in una sala interrogatori quando Dissidia Duodecim mi pone la seguente domanda: sei un giocatore casual o un giocatore hardcore? La sensazione è strana: è una domanda intima e a cui è difficile rispondere. Anche perché sono convinto che i giocatori hardcore e i giocatori casual non esistano, semmai esistono giochi casual e giochi hardcore. Lasciamo stare le disquisizioni filosofiche da parte e rispondiamo "hardcore", d'altro canto sono un osso duro.

In quale giorno della settimana giochi di più? Non lo so, questo è il quarto gioco che provo oggi e sono le 11 di mattina, che giorno è oggi? Giovedì. Bene, proseguiamo.

Vuoi giocare RPG o Arcade? Sto perdendo la pazienza, ma fortunatamente questa è l'ultima delle domande. Ed è anche la più importante, perché sulla base di questa risposta la giocabilità cambia in maniera radicale. Dissidia Duodecim prosegue quanto iniziato con il brawler precedenti che, ricordiamo, nella versione occidentale introduceva un "arcade mode" per venire incontro alle esigenze dei giocatori occidentali. Questa volta il sistema è stato perfezionato, anche se la modalità RPG appare ancora una volta più profonda della semplicità arcade. E, inoltre, per quale motivo un giocatore che acquista un gioco tratto da una serie RPG vorrebbe la rimozione totale di qualsivoglia elemento di ruolo? La cosa non mi è chiara.

Va da sé che il gioco è comunque di ottima fattura, con combattimenti meno incentrati sulla "dramatic progressive action" del primo gioco e, a mio avviso, più brevi e appassionanti. La modalità storia, infine, sembra decisamente più intrigante di quanto visto nell'originale Dissidia che, al contrario, non mi ha mai lasciato dei buoni ricordi. Dissidia Duodecim si prospetta come un titolo superiore sotto ogni aspetto all'originale, nella speranza che anche il popolo occidentale possa apprezzarlo. Magari ignorando la modalità arcade.