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Ready Player One

Ready Player One

Una straordinaria dichiarazione d'amore al videogioco e alla cultura pop anni '80 e '90 in tutte le sue forme.

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Scappatoia dalla realtà, dai problemi tangibili e dalle difficoltà quotidiane, Oasis è un luogo di evasione, un mondo in cui l'unico limite è l'immaginazione dell'utente che decide di accedervi e diventare ciò che nel mondo reale non ha il coraggio di essere. Sembra la storia di un qualsiasi giocatore, che imbracciando il suo controller, si catapulta in un universo fatto di pixel, ricompense, emozioni al cardiopalma, di cui è il suo unico e grande protagonista. Da queste premesse straordinarie si muovono le fila del primo romanzo dello scrittore e sceneggiatore statunitense Ernest Cline, Player One, un'opera che, complice l'entusiasmo contemporaneo per tutto ciò che concerne la cultura nerd (dopo anni di immotivato e illegittimo ostracismo), ha fatto breccia nel cuore di tutti gli amanti di quei mondi virtuali, fantastici e impalpabili che hanno reso il videogioco uno dei medium più affascinanti e controversi degli ultimi trent'anni.

Lo stesso Cline si auto-proclama egli stesso un nerd e nel suo libro, così come il suo adattamento cinematografico Ready Player One (di cui firma la sceneggiatura in coppia con Zak Penn) in arrivo nelle sale il prossimo 28 marzo, questo aspetto trasuda da tutti i pori, senza mai dare l'impressione di essere di fronte ad un prodotto costruito ad hoc, a tavolino, per compiacere ed inseguire una moda che sempre più ha preso piede in questi ultimi anni. Il materiale culturale su cui Player One si fonda è totalmente genuino nelle intenzioni e nei modi, esattamente come la sua trasposizione per il grande schermo. E alla guida di questa operazione non poteva esserci che lui, Steven Spielberg, un regista che - soprattutto con la sua filmografia dagli anni Ottanta a metà anni Novanta - ha contribuito a dare voce a quella cultura un tempo guardata con sospetto, perché ha permesso di dare alla sua (e alla nostra) sconfinata immaginazione una forma tangibile, una messa in immagine.

Ready Player One
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Dinosauri, alieni, archeologi avventurieri e coraggiosi, pirati, Isola che non c'é: tutto ciò che eravamo costretti, nostro malgrado, a reprimere perché il mondo adulto esigeva (ed esige) regole e una maturità mentale per aprirci al mondo e abbandonare la nostra spensieratezza, è diventato oggetto di analisi prediletto per Spielberg in quegli anni, ed è esattamente ciò che il regista Premio Oscar vuole tornare a fare, quanto meno in questo film. Perché Ready Player One fa esattamente questo: parlare ad una generazione di sognatori (vecchi e nuovi) che trova rifugio dalle loro ansie e dalle loro paure nell'impalpabile realtà di un videogioco, in cui possono abbandonare momentaneamente le proprie frustrazioni e sentirsi eroi di un'avventura. Ma badate bene: le intenzioni di Ready Player One sono ben lungi dall'essere un'apologia di una generazione incapace di vivere nel mondo reale e prendersi carico delle proprie responsabilità, quanto piuttosto un monito a non dimenticare di vivere la vita con un po' di leggerezza in più, senza dimenticare i valori più importanti quali l'amore, l'amicizia e la lealtà.

Immerso in un'atmosfera distopica e costruito come uno dei tanti RPG che accompagnano la nostra vita da giocatori, Ready Player One segue le vicende del giovane Wade Watts (Tye Sheridan), un timido adolescente appassionato di videogiochi e cultura anni Ottanta - nonostante non l'abbia mai vissuta sulla propria pelle, visto che è nato parecchi anni dopo quell'epoca - costretto a vivere su una Terra del 2045 funestata da guerre, povertà e crisi energetica e da cui rifugge tramite il suo personaggio, Parzival, grazie ad Oasis, il magico mondo virtuale creato dal milionario James Donovan Halliday (Mark Rylance), che vanta milioni di iscritti e di appassionati che popolano questa realtà alternativa tramite i loro avatar.

Alla morte di Halliday, il folle creatore lancia un'ultima stimolante ed entusiasmante sfida: una caccia al tesoro da miliardi di dollari, che permetterà al vincitore di accaparrarsi il pacchetto di azioni detenute da Halliday, nonché l'intera proprietà di Oasis. Vista la grande popolarità riscossa dalla creazione di Halliday, la sfida inizia a fare gola anche ad altre compagnia dedite allo sviluppo e alla realizzazione di mondi virtuali, come la multinazionale IOI, che in questo modo diventerebbe leader nel settore dell'intrattenimento virtuale. Questa sorta di Rat Race innesca la miccia per un'avventura corale divertente ed entusiasmante, che vede i differenti protagonisti entrare ed uscire dal mondo reale a quello virtuale, finché le due dimensioni non collimano in un finale piuttosto atteso. Perché è vero, Ready Player One non ha certamente inventato la ruota e non offre una trama originale, eppure è proprio la sua linerarità, la sua fluidità a catturare lo spettatore e trascinarlo in una quest in compagnia del ricco party costituito da Parzival, Art3mis (Olivia Cook) e gli altri, esattamente come avverrebbe in un videogioco. Ma anche divertirlo, appassionarlo e, perché no, anche emozionarlo, attraverso il suo ritmo mai statico e che dal medium videoludico trae ispirazione nella sua stessa struttura.

Ready Player One
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A livello registico, ciò che affascina di Ready Player One è proprio il modo in cui Steven Spielberg rilegge e reinterpreta non solo l'opera di Cline, ma anche e soprattutto il videogioco, per dare vita alla sua pellicola, compiendo un'operazione davvero affascinante. Se è vero che in passato il videogioco è sempre stato tacciato di ispirarsi al cinema, a partire dal momento in cui le tecnologie hanno permesso una maggiore complessità del mezzo in termini linguistici e narrativi, qui sembra accadere esattamente il contrario. È il cinema a trarre ispirazione dal videogioco, recuperando i suoi tempi, la sua struttura narrativa a più velocità, il suo ritmo non lineare, in cui le sequenze nel mondo reale assumono il medesimo effetto di sospensione che caratterizzano le cutscene in un videogioco, in cui viene concesso allo spettatore/videogiocatore di approfondire i personaggi, conoscere aspetti ulteriori della trama che, nel vivo dell'azione, andrebbero perduti.

È per questo che Ready Player One rappresenta una straordinaria dichiarazione d'amore al videogioco e alla cultura pop anni '80 e '90 in tutte le sue forme, che arriva per mano di un autore che ha contribuito a forgiare un immaginario così potente e tanto amato da quella stessa generazione a cui la pellicola vuole rivolgersi. Nonostante non manchi qualche strizzatina d'occhio (alcune persino auto-referenziali) e citazioni davvero gustose, il nuovo film di Spielberg non si limita a lavorare sul trend "nostalgia" che tanto appassiona e caratterizza la nostra attuale dieta mediatica. È, di fatto, una pellicola che nel ritmo, nei tempi, nella narrazione, nella sua struttura ha letteralmente ingurgitato (proprio come Pac-Man) ciò che la cinematografia e soprattutto la videoludica degli anni Ottanta e Novanta ci ha regalato, senza limitarsi a scimmiottarla o omaggiarla. Ma anzi a riviverla e a cristallizzarla, dando loro quello spessore e quell'importanza che ingiustamente è stata negata per troppo tempo.

Forte di personaggi interessanti e grazie all'eccezionale contributo di un regista che per primo ha sognato e dato vita ad universi fantastici ancora tanto amati, Ready Player One entra di prepotenza nel cuore degli spettatori, diventando un luogo magico, tra sogno e veglia, in cui è ancora possibile fantasticare e sentire sulla pelle quel senso di innocenza e di magia che la quotidianità ci obbliga a mettere da parte. Esattamente come Wade, quando si connette ad Oasis e si trasforma in Parzifal.

Ready Player One

08 Gamereactor Italia
8 / 10
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