Parasite Eve. Quanti ricordi. Lo scorso anno alla Gamescom di Colonia mi ritrovai in una piccola saletta, al cospetto di Yoshinori Kitase che, con una flemme da samurai, mi mostrò questo titolo ancora in un'arretrata fase di sviluppo. Non mi impressionò. Anzi, mi fece quasi ribrezzo. Dinamiche di gioco alla Messiah, con possessioni extracorporali combinati a una serie di controlli confusi e a un disordine imperante. Ed è con questo ricordo in testa che mi sono seduto nuovamente di fronte a questo titolo.
Lezione numero uno: mai affidarsi ai pregiudizi. Il gioco è notevolmente migliorato, sia a livello tecnico ma soprattutto a livello di "primo impatto", un elemento fondamentale per quel povero cristo di un giornalista a cui vengono concessi tempi brevi per poter trarre delle conclusioni obiettive.
Lezione numero due: la classe non è acqua. Parasite Eve fu una grande serie a suo tempo, e l'ultima iterazione ne espande le caratteristiche verso un gameplay più moderno. La possibilità di cambiare continuamente corpo porta inevitabilmente a due conseguenze: la prima è data da un continuo cambio di prospettiva, con conseguente senso di straniamento che aggiunge un po' di pepe a dinamiche action altrimenti banali. La seconda è data dalla presenza di nemici molto coriacei, che costringono al continuo dirottamento di corpo per poter sopravvivere. Pertanto gli scontri (spesso a orde di nemici) sono davvero epici, ricchi di azione e divertenti.
Infine, come spesso avviene nei titoli Square Enix, le cut-scene lasciano a bocca aperta. Sebbene il gioco si possa riassumere in cammina, libera un'area da tutti i nemici e prosegui, gli intermezzi animati in CG immergono in una storia che appare sempre meno superficiale. Rimane qualche dubbio sulla possibile longevità di questo meccanismo, che alla lunga potrebbe stancare. Ma in piccole dosi The 3rd Birthday è un concentrato di adrenalina e mostri deformi.